Quando si configura il reato di estorsione

Il reato di estorsione: cos’è e quando si configura

Vediamo insieme il reato di estorsione: la sua nozione, quando si configura, le sue aggravanti e le differenze con altre fattispecie di reato.

Introduzione

Nella vita di tutti i giorni molte volte si sente usare il termine di estorsione; ad esempio,  quando qualcuno vuole far  pagare un prezzo troppo alto per un determinato bene o una determinata prestazione, di cui magari si ha un gran bisogno, non di rado si ricorre al termine di estorsione per qualificare la percepita ingiustizia di cui è intrisa la richiesta di controparte.

Con il termine estorsione quindi, istintivamente, qualifichiamo una situazione concreta che percepiamo come fortemente ingiusta e che lede i nostri diritti.

Ma a prescindere ora dal sentire comune è importante chiarire come, per il nostro ordinamento giuridico, l’estorsione sia un reato, ed anche piuttosto grave.

Nel corso di questa trattazione, al fine di chiarire i vari aspetti dell’argomento e fornire gli strumenti utili necessari a tutelarsi in ogni situazione in cui possa configurarsi un’estorsione, vedremo con precisione quando la stessa si configuri, quale sia la condotta punibile da un punto di vista oggettivo, quale debba essere l’atteggiamento psicologico del soggetto agente, quali siano le possibili circostanze aggravanti.

Sull’argomento vi invitiamo anche a visionare il video, pubblicato sul nostro canale youtube, che trovate cliccando qui.

Nozione

Il reato di estorsione è previsto dall’art. 629 del codice penale, il quale stabilisce che risponda del delitto in questione “chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare od omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.

In punto di pena, senza considerare circostanza attenuanti o aggravanti, il responsabile è punito con la reclusione da 5 a 10 anni e con la multa da 1.000 a 4.000 euro.

Trattasi di un reato cosiddetto comune, in quanto può essere commesso da chiunque e non è necessario, per la sua configurazione, che il soggetto agente rivesta una particolare qualifica.

La norma in esame configura poi una fattispecie che è posta a protezione sia del patrimonio personale della vittima (la norma è infatti posta nella sezione del codice penale dedicata ai reati contro il patrimonio) che della libertà individuale, la quale non può essere sottoposta a comportamenti coercitivi.

Elemento oggettivo

La condotta materiale punibile, che rappresenta l’elemento oggettivo (cioè l’elemento esteriore) del reato, consiste nel costringere la vittima, tramite violenza o minaccia,  a porre in essere un comportamento, che può essere sia attivo che omissivo, da cui derivi un danno per la vittima stessa e un vantaggio per l’autore o per altri.

Affinché possa dirsi configurato il reato di estorsione è necessario che il soggetto agente ponga in essere una violenza o una minaccia, risulta dunque opportuno chiarire questi due concetti.

Per violenza si deve intendere l’utilizzo della forza, cioè di un’energia fisica (una vis), al fine di vincere la resistenza altrui a fare quanto voluto dal soggetto agente.

Per minaccia, invece, si deve intendere la prospettazione, da parte dell’agente, di un pregiudizio in grado di condizionare la libertà morale e psichica della vittima.

È fondamentale notare poi come il male minacciato debba essere ingiusto, cioè non conforme alla legge; in ragione di ciò deve essere considerata una minaccia anche la prospettazione dell’esercizio di un diritto, legittimamente spettante, qualora sia diretta ad ottenere un vantaggio maggiore di quello che spetterebbe dall’esercizio del diritto stesso.

L’espressione della minaccia, idonea a configurare il delitto di estorsione, può poi sia essere espressa in modo esplicito che in modo implicito (a condizione che il suo timore sia in grado di condizionare la libertà di determinazione della vittima).

Sia la violenza che la minaccia devono essere utilizzate, da parte dell’autore, al fine di costringere la vittima a porre in essere un atto dispositivo del proprio patrimonio, che incida negativamente sul patrimonio stesso.

Tale atto può essere sia positivo, cioè consistente nel compiere qualcosa, ad esempio pagare una somma di denaro, che negativo, ossia consistente nell’omettere qualcosa, ad esempio non riscuotere un credito a cui si ha diritto.

L’atto dispositivo dannoso per la vittima deve, conseguentemente, dare origine ad un ingiusto profitto per l’autore (o anche per altri).

Per profitto ingiusto si intende quel vantaggio, anche di natura non patrimoniale, che non è dovuto all’agente.

Vale la pena concludere sul punto sottolineando come il reo sarà responsabile non per il reato completo, ma solamente a titolo di tentativo di estorsione, qualora alla sua condotta violenta o minacciosa non consegua l’evento vantaggioso da lui sperato.

Elemento soggettivo del reato

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, cioè l’elemento psicologico che deve ricorrere in capo al soggetto agente, il reato di estorsione è punito a titolo di dolo.

Il dolo è sintetizzabile come coscienza e volontà, da parte di un soggetto, di tenere una determinata condotta.

Per quanto riguarda l’estorsione il dolo deve abbracciare tutti gli elementi della condotta e deve ricadere, in particolare, sull’ingiustizia del profitto: il reo deve cioè essere convinto che quello che spera di ottenere, tramite violenza o minaccia, sia un vantaggio non dovutogli e quindi ingiusto.

Se invece il soggetto agente fosse convinto della giustizia di quello che mira ad ottenere, ad esempio la riscossione di un credito che ritiene dovutogli, non potrà essere chiamato a rispondere del reato di estorsione bensì, al ricorrere dei presupposti, del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Circostanze aggravanti del reato di estorsione

Per quanto concerne le circostanze aggravanti  speciali, previste per il reato di estorsione, l’art. 629 c.p.  stabilisce che la reclusione sia tra i 7 e i 20 anni e la multa tra i 5.000 e i 15.000 euro qualora concorrano una o più delle circostanze aggravanti previste dall’art. 628 c.p. per il reato di rapina.

Trattasi in particolare delle circostanze aggravanti che:

– la violenza o minaccia sia commessa con armi , da persona travisata, o da più persone riunite;

– la violenza consista nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;

– la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo 416-bis (ovvero un’associazione di stampo mafioso);

– il fatto sia commesso nei luoghi di cui all’articolo 624-bis (cioè nell’abitazione) o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

–  il fatto sia commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto;

–  il fatto sia commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;

 –  il fatto sia commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne (cioè con più di 65 anni).

Vale la pena ricordare, in conclusione sul punto, come queste siano le aggravanti speciali previste dal codice penale specificatamente per il reato di estorsione, sono tuttavia configurabili, e quindi possono aggravare l’estorsione, anche le aggravanti comuni previste dall’art. 61 c.p..

Differenze con altri reati

Il reato di estorsione presenta dei punti di contatto con alcune fattispecie criminose; è pertanto opportuno conoscere le precise differenze che intercorrono tra queste fattispecie al fine di individuare quando si configuri un reato e quando, invece, l’altro.

Differenze con l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni: la differenza fondamentale, rispetto a questa ipotesi di reato, prevista dall’art. 392 c.p., sta nel fatto che nell’estorsione il soggetto agente è consapevole del fatto che il vantaggio che mira ad ottenere sia ingiusto e non dovutogli, mentre nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni vi è la convinzione (magari anche infondata) che quanto si vuole ottenere, tramite l’esercizio della forza, sia qualcosa di dovuto oggettivamente e che sarebbe realizzabile legalmente tramite un’azione giudiziaria.

– Differenze con la truffa aggravata (art. 640 cpv, n.2 c.p.): nel reato di estorsione, come visto, vi è la minaccia di un male ingiusto utilizzata al fine di costringere la vittima ad un atto dispositivo del proprio patrimonio, minaccia che deve essere reale e concretamente attuabile, nella truffa aggravata, di cui al numero 2 del capoverso dell’art. 640 c.p., invece, quanto minacciato, non essendo concretamente realizzabile, è utilizzato per trarre in errore, per ingannare, la vittima, inducendola così a compiere l’atto dispositivo lesivo del proprio patrimonio.

– Differenze con la rapina: il reato di rapina, previsto dall’art. 628 c.p., può avere per oggetto, a differenza dell’estorsione, unicamente beni mobili, inoltre, per quanto concerne la condotta, il soggetto agente pone in essere un costringimento assoluto della vittima che non può fare altro che consegnare il bene voluto dal reo. Nell’estorsione, invece, non vi è questo totale annullamento della volontà della vittima; quest’ultima seppur in parte ampiamente scemata, conserva un margine di scelta con riguardo al comportamento da tenere.

– Differenze con la concussione: come detto all’inizio l’estorsione è un reato comune, cioè che può essere commesso da chiunque, senza che rilevi una particolare caratteristica soggettiva in capo all’autore; orbene, se chi compie una condotta rientrante in quella punibile a titolo di estorsione riveste la qualifica di pubblico ufficiale, allora sarà configurato il reato di concussione, di cui all’art. 317 c.p.. La concussione è pertanto un’estorsione posta in essere da un pubblico ufficiale, con la precisazione, inoltre, che, in ragione della qualifica rivestita dal soggetto che realizza la minaccia, la volontà della vittima del reato di concussione non potrà in alcun modo essere considerata con dei residui margini di libertà ma, invece, sarà da considerarsi totalmente annullata dalla condotta delittuosa.

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