Contenuti
Introduzione
Nella vita di tutti i giorni molto spesso si sente parlare di stalking, in particolare con riguardo alle situazioni difficili che si possono creare tra due ex partner dopo la rottura della loro relazione, al punto che il termine è diventato pressoché di uso comune; ma concretamente che cos’è il reato di stalking? Quando si configura? Cosa deve fare la vittima del reato di stalking per tutelare giuridicamente la propria posizione?
A queste e a molte altre domande si risponderà nel corso della presente trattazione, andando ad analizzare con precisione il reato di “atti persecutori”, previsto e punito dall’art. 612 bis del codice penale, le principali questioni problematiche ad esso connesse per concludere, infine, con una breve rassegna giurisprudenziale contenente le più recenti e interessanti pronunce a riguardo.
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Nozione
In base al disposto dell’art. 612 bis c.p. risponde del delitto di atti persecutori, ossia il cosiddetto stalking, “chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Il reato in esame è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 38 del 23.04.2009 per fornire tutela avverso il soggetto che pone in essere in modo ripetuto e seriale condotte di minaccia e molestia.
Le singole condotte, prima dell’introduzione dell’art. 612 bis c.p., erano punite dai relativi reati di minaccia e molestia ma non erano considerate unitamente ai fini della configurazione di un’autonoma fattispecie di reato caratterizzata dall’elemento della serialità.
Il termine stalking, con cui sono identificate tutte le predette condotte, è di origine anglosassone e tradotto significa letteralmente inseguire di soppiatto, pedinare, fare la posta alla preda; trattasi di attività che identificano con precisione il comportamento dell’autore del reato che pone in essere condotte furtive atte a molestare in modo assillante la propria vittima.
Ciò che assume rilevanza nella fattispecie in esame è dunque la serialità con cui il colpevole pone in essere condotte ossessive, quali telefonate, invio di messaggi whatsapp o facebook, pedinamenti, finalizzate a molestare la vittima invadendone la sfera di vita e ponendola in una condizione di stress e sudditanza psicologia.
Sulla base delle considerazioni finora svolte emerge con chiarezza come il bene giuridico, che la norma incriminatrice è finalizzata a tutelare, sia rappresentato dalla libertà di autodeterminazione della vittima, ovvero il diritto spettante ad ogni individuo di comportarsi liberamente, nel rispetto dei limiti giuridici, senza subire costrizioni ingiustificate da parte di alcuno che turbino, in particolare, la tranquillità di vita.
Elemento oggettivo
Si deve analizzare ora il c.d. elemento oggettivo del reato; in questa categoria sono compresi la condotta (ossia l’azione od omissione commessa dall’autore) e l’evento (ossia l’accadimento derivante, in virtù del rapporto di causalità, dalla condotta), i quali devono verificarsi così come previsti dalla norma incriminatrice affinché possa dirsi sussistente il reato.
È opportuno richiamare per chiarezza espositiva il testo della norma in esame: “salvo che il fatto costituisca più grave reato è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
La condotta criminosa del reato di stalking consiste nel porre in essere, in modo ripetuto, minacce o molestie; si deve definire quindi che cosa si intenda con tali concetti.
La minaccia sussiste, in base alla definizione data dalla giurisprudenza, qualora l’autore prospetti un male futuro e ingiusto, che può anche derivare dall’esercizio distorto di una facoltà legittimamente attribuita, dipendente dalla propria volontà.
La molestia, invece, si realizza qualora l’autore ponga in essere condotte idonee, sia direttamente che mediatamente, ad alterare dolorosamente o inopportunamente, la tranquillità psichica di una persona; in base alle pronunce della Cassazione rientrano pacificamente nel contesto delle molestie gli invii ripetuti di sms, messaggi whatsapp, e-mail, nonché la pubblicazione di post sui social network.
Definiti questi concetti si deve sottolineare come, per essere penalmente rilevanti ex art. 612 bis c.p., le molestie o le minacce debbano essere reiterate.
In particolare si considerano reiterati, come chiarito dalla giurisprudenza, gli episodi di molestia o minaccia che complessivamente considerati siano pari o superiori a 2; parimenti sono da considerarsi reiterati due episodi anche se avvenuti in un ristretto lasso temporale a condizione che possano essere classificati come atti autonomi (in tal senso Cass. n. 33563 del 2015).
In definitiva dunque, la condotta rilevante ex art. 612 bis c.p., si configura nell’ipotesi in cui siano posti in essere almeno due atti autonomi di molestia o minaccia.
Si deve procedere ora analizzando l’evento del reato, ovvero la conseguenza che la condotta deve generare per poter dare luogo a responsabilità penale.
L’evento previsto dalla norma è triplice, potendo alternativamente consistere in:
– perdurante e grave stato di ansia o di paura
– fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona al legata da relazione affettiva;
– alterazione delle proprie abitudini di vita.
Il perdurante e grave stato di ansia o paura, quale conseguenza delle condotte intimidatrici, si configura qualora sia riscontrabile un turbamento psichico nella vittima consistente in sensazioni di panico, stress, irrequietezza, apprensione, incertezza; appare in tutta evidenza, come notato dalla più attenta dottrina, che risulta assai arduo e complesso riscontrare l’esistenza di un evento che ha natura meramente psichica e come tale può essere influenzato dalla differente percezione che ogni persona ha degli atteggiamenti altrui.
Il fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva si configura qualora la vittima tema, a causa delle condotte poste in essere, che il molestatore possa compiere azioni lesive della propria incolumità fisica o quella dei prossimi congiunti; tale timore, per essere giuridicamente rilevante, non può risolversi in una mera percezione soggettiva ma, invece, deve essere riscontrabile oggettivamente (ad esempio in base al comportamento dell’autore in pregresse situazioni simili).
L’alterazione delle proprie abitudini di vita, infine, si configura quando la vittima, in ragione delle condotte del molestatore, muti radicalmente e in modo repentino il proprio modus vivendi (ad esempio trasferendosi in un’altra città, smettendo di uscire di casa, licenziandosi dal posto di lavoro, ecc.).
In definitiva dunque, qualora sia accertato dal punto di vista causale che le reiterate condotte di minaccia o molestia abbiano portato alla verificazione di almeno uno dei tre eventi esaminati, potrà dirsi sussistente l’elemento oggettivo del reato di stalking.
Elemento soggettivo
Si deve ora analizzare il c.d. elemento soggettivo del reato, ovvero lo stato psicologico con cui l’autore ha posto in essere la condotta, rilevante ai fini della sua concreta punibilità.
L’elemento psicologico richiesto dall’art. 612 bis c.p. ai fini della punibilità dell’autore è quello del c.d. dolo generico, ovvero l’aver posto in essere la condotta criminosa rappresentandosi la stessa e volendo concretamente porla in essere.
Il soggetto agente dovrà quindi, per poter essere punito, aver posto in essere la condotta persecutoria coscientemente e volontariamente, non rilevando i motivi concreti posti a fondamento della risoluzione criminosa.
Circostanze aggravanti
Al secondo e terzo comma l’art. 612 bis prevede delle ipotesi specifiche di circostanze aggravanti; la pena è aumentata:
– se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa (secondo comma);
– se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici, c.d. cyber-stalking (secondo comma);
– se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità (terzo comma);
– se il fatto è commesso con armi o da persona travisata (terzo comma).
Le aggravanti elencate si basano sulla valorizzazione del vincolo coniugale o di relazione affettiva; sull’utilizzo di strumenti particolarmente diffusivi e difficilmente controllabili, quali i social-network; sulla particolare vulnerabilità di talune categorie di soggetti, meritevoli pertanto di tutela rafforzata; ovvero sulla particolare aggressività e pericolosità insite nell’utilizzo di armi e nel travisamento di persona.
Regime di procedibilità e aspetti peculiari
Il reato di stalking è procedibile d’ufficio quando è commesso in danno di minore, di persona con disabilità o quando è stato commesso con altro delitto per cui sia prevista la procedibilità d’ufficio.
In tutti gli altri casi, che nella pratica risultano essere la grande maggioranza, è perseguibile a querela della persona offesa, che deve essere presentata nel termine di sei mesi.
Vi sono poi alcuni aspetti peculiari da sottolineare:
– la remissione di querela può essere solo processuale (per tutelare la consapevolezza dell’atto e la libertà della persona offesa, tramite il vaglio costituito dall’accertamento dell’autorità procedente, al fine di scongiurare costringimenti);
– la querela è irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate in uno dei modi di cui all’art. 612 c.p. (ossia, ad esempio, se la minaccia è particolarmente grave, o è anonima o è commessa mediante armi).
Casistica giurisprudenziale sul reato di stalking
Si conclude la trattazione indicando ora alcune recenti pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato e chiarito particolari aspetti del reato di stalking.
– Cassazione sentenza n. 33842 del 2018: “la condotta di stalking si ravvisa anche nell’evenienza in cui tra le varie condotte si sia realizzato un rinnovato periodo di convivenza o di ripresa del rapporto sentimentale tra il reo e la vittima. Nel contesto di un unico crimine, quale è quello previsto dall’art. 612 bis c.p., difatti, l’eventuale riconciliazione non è indicativa in alcun modo del venir meno delle ragioni della sussistenza del delitto”.
– Cassazione sentenza n. 11450 del 2018: “il delitto di atti persecutori è da ritenersi integrato anche in presenza di due sole condotte di lesioni, minacce e molestie, consumate in un breve arco temporale, tale da far derivare comunque un perdurante stato di ansia nella vittima. Non è dunque necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale. Sono infatti sufficienti per la reiterazione prevista per la configurabilità dello stalking due sole condotte di minaccia consumate in poche settimane”.
– Cassazione sentenza n. 23530 del 2018: “in tema di atti persecutori, la prova dell’evento del delitto, in riferimento alla determinazione di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata a elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in relazione alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata”.
– Cassazione sentenza n. 30334 del 2016: “lo stato di grave e perdurante ansia e paura prescinde dall’accertamento di un vero e proprio stato patologico e non richiede necessariamente una perizia medica, potendo il giudice argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell’agente sull’equilibrio psichico della persona offesa, anche sulla base di massime d’esperienza”.
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