Introduzione all’istituto
La sospensione del procedimento con messa alla prova è un istituto giuridico, introdotto nel nostro ordinamento con la legge 67/2014, che mira ad ottenere un più rapido reinserimento sociale per gli imputati dei reati di minore gravità nonché a ridurre il carico di procedimenti gravanti sul nostro sistema giudiziario.
Concretamente si tratta di uno specifico rito speciale che implica la sospensione del procedimento penale, concessa dal giudice, a condizione che sia individuato un particolare programma di trattamento, implicante necessariamente la prestazione di lavoro di pubblica utilità.
Concluso il periodo di sospensione il giudice dovrà verificare l’esito positivo del programma svolto, ossia se l’imputato abbia rispettato quanto previsto e sia da considerarsi ormai pienamente reinserito socialmente, e, in siffatta ipotesi, l’istituto si configurerà come una vera e propria causa di estinzione del reato non implicante alcuna annotazione sul certificato generale e sul casellario giudiziario.
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Ambito applicativo: chi può chiederne l’applicazione
In base al disposto dell’art. 168 bis c.p. la sospensione con messa alla prova può essere chiesta:
– nei procedimenti per i reati puniti con la sola pena pecuniaria;
– nei procedimenti per i reati puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria;
– per i delitti indicati all’art. 550,2° c.p.p., cioè i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio di fronte al tribunale in composizione monocratica, ossia:
“a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’art. 336 del c. p.;
b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’art. 337 del c.p.;
c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’art. 343,2° del c.p.;
d) violazione di sigilli aggravata a norma dell’articolo 349,2° del c.p.;
e) rissa aggravata a norma dell’art. 588,2° del c. p., con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime;
e-bis) lesioni personali stradali, anche se aggravate, a norma dell’art. 590 bis del c.p.;
f) furto aggravato a norma dell’art. 625 del c.p.;
g) ricettazione prevista dall’art. 648 del c.p.”
In base al disposto dell’art. 168 bis c.p., poi, il sottoposto è tenuto ad eliminare le conseguenze dannose e pericolose derivanti dal reato, tramite condotte a ciò idonee; deve risarcire, ove possibile, il danno cagionato; deve essere affidato ai servizi sociali per lo svolgimento di un programma implicante attività di rilievo sociale.
La concessione, come già anticipato, è inoltre subordinata alla prestazione, per almeno dieci giorni, di lavori di pubblica utilità; per tali si intendendo prestazioni non retribuite in favore della collettività, da svolgersi presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni le aziende sanitarie o presso enti che svolgono attività di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione non può eccedere le otto ore giornaliere e deve essere svolta con modalità tali da non pregiudicare le esigenze di lavoro, studio, familiari e di salute dell’imputato.
Ulteriori requisiti, previsti in negativo dall’art. 168 bis c.p. per la concessione della messa alla prova, sono che questa non sia già stata concessa e che l’imputato non si trovi in una delle situazioni di cui agli artt. 102, 103,104, 105 e 108 c.p. cioè non sia un delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Trattasi di veri e propri limiti applicativi dal momento che, al ricorrere delle ipotesi appena menzionate, il soggetto non potrà beneficiare dell’istituto.
Procedimento applicativo: come chiedere la messa alla prova
La disciplina processuale dell’istituto è contenuta negli artt. 464 bis e ss. del c.p.p..
La richiesta, ex art. 464 bis,2° c.p.p., può essere proposta sia oralmente che per iscritto e deve trasmettere in allegato, ex art. 464 bis,4° c.p.p., un programma di trattamento, elaborato di concerto con l’Ufficio di esecuzione penale esterna (qualora non risulti possibile allegare l’effettivo programma, non essendo lo stesso stato ancora elaborato, è sufficiente trasmettere l’istanza di elaborazione rivolta all’Ufficio di esecuzione penale esterna).
Il programma di trattamento è redatto dall’ufficio di esecuzione esterna a seguito di un’approfondita analisi socio-familiare e deve contenere il consenso dell’imputato sullo stesso nonché l’adesione dell’ente presso cui si dovranno concretamente svolgere le prestazioni.
In base al disposto dell’art. 464 bis, 4° c.p.p. devono essere specificatamente previste:
“a) le modalità di coinvolgimento dell’imputato, nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile;
b) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale;
c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa.”
In che momento può essere chiesta
La messa alla prova può essere proposta sia prima dell’esercizio dell’azione penale, ossia nel corso delle indagini preliminari, sia dopo la stessa, con una tempistica differente a seconda del rito con cui viene celebrato il processo.
Per quanto concerne la richiesta in corso di indagini preliminari la norma di riferimento è l’art. 464 ter c.p.p..
In siffatta ipotesi il giudice, a seguito della ricezione, dovrà trasmettere la richiesta al PM affinché questo esprima il suo parere scritto e motivato nel termine di cinque giorni.
In caso di consenso del PM, e alla contestuale formulazione dell’imputazione, il giudice procederà a valutare la richiesta presentata; in caso di dissenso del PM l’imputato potrà ripresentare la richiesta prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.
Qualora, invece, la richiesta venga svolta successivamente all’esercizio dell’azione penale la norma di riferimento è costituita dall’art. 464 bis c.p.p..
È opportuno elencare puntualmente ora, sulla base alla normativa citata, quale sia il termine di presentazione dell’istanza di sospensione con messa alla prova per ogni tipo di rito:
– in sede di udienza preliminare, entro la formulazione delle conclusioni;
– in sede di giudizio direttissimo o di procedimento di citazione diretta a giudizio entro l’apertura del dibattimento;
– in sede di giudizio immediato entro quindici giorni dalla data di notifica del decreto disponente il giudizio immediato;
– in sede di procedimento per decreto (c.d. decreto penale di condanna) la richiesta dovrà essere svolta nell’atto di opposizione.
Decisione in merito alla richiesta e durata della sospensione
Ai sensi dell’art. 464 quater c.p.p. in merito alla richiesta di sospensione con messa alla prova il giudice, sentite le parti e la persona offesa, decide con ordinanza nel corso della stessa udienza in cui è presentata o in un’apposita udienza in camera di consiglio all’uopo fissata.
La sospensione è concessa se il giudice, in base ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ritiene idoneo il programma e reputa che l’imputato si asterrà dal compiere altri reati.
Il giudice inoltre, ai sensi dell’art. 464 bis,5° c.p.p., può disporre d’ufficio l’acquisizione di informazioni ai fini di valutare in merito alla concessione della sospensione e, sulla base di queste, può, ex art. 464 quater,4° c.p.p. modificare o integrare il programma di trattamento (con il consenso dell’imputato).
È ostativa alla possibilità di accogliere la richiesta di sospensione la possibilità di emettere sentenza di proscioglimento anticipato ex art. 129 c.p.p., in siffatta ipotesi, infatti, il giudice dovrà immediatamente emettere sentenza di proscioglimento.
Qualora, infine, il giudice si determini in modo contrario alla concessione, la domanda, ex art. 464 quater,9° c.p.p., potrà essere riproposta in giudizio prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
Si deve porre ora l’attenzione sulla durata del periodo di sospensione.
Il procedimento, infatti, in base al disposto dell’art. 464 quater c.p.p., non può essere sospeso:
– per un periodo superiore ai due anni qualora si proceda per reati per i quali è prevista una pena detentiva sola, congiunta o alternativa a quella pecuniaria;
– per un periodo superiore ad un anno qualora si proceda per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.
I termini decorrono dalla sottoscrizione da parte dell’imputato del verbale di messa alla prova.
È importante sottolineare, concludendo sul punto, come, oltre al procedimento penale, anche la prescrizione del reato è sospesa nei confronti del soggetto sottoposto a messa alla prova.
Possibili esiti
Trascorso il periodo di sospensione, in base al disposto dell’art. 464 septies c.p.p., se il giudice, tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle prescrizioni previste nel programma di trattamento, ritiene che la prova abbia dato esito positivo dichiara con sentenza estinto il reato.
La sentenza dichiarante l’estinzione non deve essere riportata né nel certificato penale né nel certificato penale del casellario giudiziale.
Le eventuali sanzioni accessorie potranno tuttavia, ex art. 168 ter c.p., essere comunque disposte anche in caso di esito positivo della prova.
Qualora invece la prova dia esito negativo il giudice, ex art. 464 septies, 2° c.p.p., dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso e l’imputato non può più riproporre, ex art. 464 nonies c.p.p., la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.
Ulteriore possibile esito è quello della revoca.
Il giudice può disporre la revoca della sospensione con ordinanza, d’ufficio o su istanza di parte, all’esito di un’apposita udienza camerale.
Ciò può avvenire in due sole ipotesi disciplinate dall’art. 168 quater c.p.:
– se l’imputato commette una grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento, alle prescrizione imposte o omette di prestare il lavoro di pubblica utilità;
– se l’imputato commette un nuovo delitto non colposo o della stessa indole di quello per cui si procede.
Anche nell’ipotesi di revoca l’imputato non può più riproporre l’istanza di sospensione. Il tempo di prova trascorso, in caso di esito negativo o di revoca, non viene tuttavia perduto per l’imputato, difatti, qualora il procedimento porti ad una sua condanna, sarà sottratto dal periodo di pena concretamente previsto, in base al disposto dell’art. 657 bis c.p.p., con un computo per cui a tre giorni di prova corrisponde un giorno di reclusione o arresto, ovvero a 250 euro di multa o ammenda.
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